SENZA FISSA DIMORA, SERVE UN’ALLEANZA FRA ISTITUZIONI E VOLONTARIATO PER RIDARE DIGNITA’ AGLI INVISIBILI

Articolo di Federico Giannone

  • Responsabile dell’area: Associazioni, Stampa e Comunicazione di Ripensiamo Roma
  • Presidente Fondazione Opera del Divin Redentore

Sono una presenza costante di tutte le grandi città del mondo ma cercano sempre di passare inosservati. A volte ci importunano per chiederci aiuto ma spesso rifiutano il dialogo. Sono gli invisibili, i barboni, i senza fissa dimora. Un piccolo esercito di persone che vive ai margini della città e che a Roma avrebbe raggiunto la ragguardevole cifra di 16.000 unità. Secondo una recente ricerca condotta dall’associazione Nonna Roma alle persone che vivono letteralmente per strada bisogna anche aggiungere quelle che trovano una sistemazione provvisoria negli edifici abbandonati.  Ma come si distribuisce questo esercito nei vari quartieri della città?

La maggiore incidenza di persone senza dimora si registra nel Municipio I con 591 persone, il 37,7% del totale. Segue il Municipio II con 165 persone e sul podio, nel posto più basso, l’Aurelio (XIII) con 164 persone. Negli altri 13 municipi i numeri sono inferiori alle 100 persone che vivono in strada. Le persone censite, sono nella maggioranza di sesso maschile, stranieri, con età media nei dormitori pari a 45 anni ed in strada superiore a 35 anni. Rispetto al dato nazionale (14,3%) a Roma è più alta la percentuale di donne, considerate quelle rilevate nei dormitori romani (22%). L’indagine conferma purtroppo la tendenza alla cronicizzazione della condizione di senza dimora ed il deterioramento delle aspettative e della progettualità.

Al 30 gennaio 2022, in base ai dati forniti dal sistema informativo unico di monitoraggio e intervento sociale di Roma Capitale a fronte di un numero di senza fissa dimora che oscilla fra i 14 e i 16000, sull’intero territorio cittadino sono a disposizione solamente 1016 posti letto notturni e 220 diurni. A questi si aggiungono i servizi del Cim, il circuito per migranti, con 1512 posti di accoglienza notturna per titolari di protezione internazionale e minori stranieri non accompagnati.

E’ dunque facilmente riscontrabile che il problema dei senza fissa dimora necessita di soluzioni a breve termine, per proteggerli dal freddo ed evitare che muoiano, come accade nei mesi invernali, di stenti e di freddo e di soluzioni a lungo termine, per aiutarli a reinserirsi nel tessuto sociale e lavorativo.

Da Presidente di una Fondazione di ispirazione cattolica attivamente impegnata nell’aiuto a tutte le forme di povertà diffuse nella Capitale, attraverso il volontariato, ho potuto constatare che solamente attraverso una fattiva alleanza fra Istituzioni e volontariato si può affrontare questo problema che non è solamente una questione di carenza di denaro che impedisce ad alcune persone di pagarsi l’affitto di un alloggio dignitoso. In moltissimi casi dietro alla costrizione di dormire sotto a un ponte c’è un problema di salute mentale, di malattie psichiatriche che non vengono diagnosticate, che non vengono curate, di un disagio psichico che impedisce a queste persone una normale vita familiare.

A volte questa condizione patologica è congenita, altre volte può essere scatenata da eventi traumatici come la morte di un parente o la perdita del posto di lavoro.  E in questi casi il dialogo fra le associazioni di volontariato che li seguono e li assistono per i loro bisogni materiali immediati e le Istituzioni sanitarie può essere vincente. Basta una segnalazione ai presidi sanitari territoriali per instradare un senza fissa dimora in un percorso di cura della propria salute mentale.

Un percorso che può avere un esito positivo soprattutto se la persona è giovane e in buone condizioni fisiche. Altre volte il dialogo fra volontariato e  Istituzioni porta, soprattutto nei casi di coloro che sono finiti per strada dopo aver perso l’impiego, a percorsi di reinserimento sociale e professionale che possono concludersi con l’abbandono della strada e l’accesso in un appartamento. Ci sono poi quei senza fissa dimora che si trovano a vivere per strada in quanto vittime di varie forme di dipendenza: alcol, droghe, gioco d’azzardo. Anche per loro l’abbandono della strada è un percorso complicato. Oltre a ritrovare la fiducia in loro stessi dopo un percorso di disintossicazione, alla necessità di  riconquistare un posto di lavoro hanno spesso e volentieri bisogno di un amministratore di sostegno che li aiuti a non dilapidare i guadagni e a ricadere nelle loro dipendenze.

Per le Istituzioni pubbliche non è certo facile affrontare un problema complesso e dalle mille sfaccettature come quello di chi è senza tetto e dorme per strada. Ma se aumentasse l’interscambio di notizie con le associazioni di volontariato che operano sul territorio si potrebbero conseguire risultati importanti e si potrebbe contribuire ad aiutare più efficacemente le persone più povere ed emarginate della nostra città.

In questo senso è da segnalare l’attività meritoria condotta dal Forum del Volontariato per la strada di Roma che raccoglie oltre 60 associazioni di volontariato e che da anni, grazie alla presenza capillare dei volontari sul territorio, segnala alle istituzioni comunali le emergenze sociali da affrontare.

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