L’ITALIA DELLA DECRESCITA FELICE

ciao questa e una prova di aricolo.

L’Italia è in stagnazione. Nei giorni scorsi, l’Istat ha certificato che nel quarto trimestre del 2018 il Prodotto interno lordo è diminuito dello 0,2%, secondo calo congiunturale consecutivo dopo il -0,1% segnato nel terzo trimestre del 2018. Tale andamento negativo del Pil è causato principalmente dalla mancanza di investimenti, dal calo dei consumi e da una politica governativa miope, senza una visione.

Cosa avrà da raccontarci il vicepremier e pluriministro Di Maio in merito alle sue recenti dichiarazioni sul fantomatico “boom economico” in Italia. E le misure economiche “illogiche” messe in campo dal governo penta-leghista? Il decreto “dignità”, il reddito di cittadinanza, la revisione della legge Fornero, il disegno di legge sullo stop delle aperture domenicali nella grande distribuzione, le scarse risorse economiche a sostegno della formazione e della ricerca, il blocco delle grandi opere infrastrutturali, non faranno altro che deprimere sempre di più la nostra economia con un risultato assicurato: bruciare tanti posti di lavoro. Tali ricette economiche iperstataliste, assistenzialistiche, restrittive e lontane dalla liberalizzazione, sono la fotocopia di quelle introdotte dal regime venezuelano. E i risultati sono sotto gli occhi di tutti.

Rispetto agli investimenti, la manovra economica non ha fatto nulla per andare incontro alle preoccupazioni del mondo produttivo, dei corpi intermedi e dei lavoratori. Le associazioni di categoria (in particolare l’Associazione Nazionale Costruttori Edili –ANCE) stanno incalzando il Governo giallo-verde per uscire dalla politica miope e lontana dalle vere questioni prioritarie per il nostro Paese.

Dopo l’insediamento del governo gialloverde, il ministro delle Infrastrutture, il grillino Toninelli, ha bloccato tutte le grandi opere infrastrutturali già in corso o programmate per sottoporle all’ormai leggendaria analisi costi/benefici. Sono stati bloccati i finanziamenti per un totale di oltre 31 miliardi di euro.

In dieci anni il settore delle costruzioni ha registrato dati preoccupanti: 600.000 posti di lavoro sono stati bruciati e 120.000 aziende del settore hanno chiuso i battenti. Ma le imprese di costruzioni italiane come si muovono sui mercati esteri? Secondo il recente Rapporto ANCE, negli ultimi 12 anni l’industria italiana delle costruzioni cresce a ritmi sostenuti e costanti sui mercati esteri. Tra il 2004 ed il 2017 il fatturato consolidato delle imprese italiane di costruzione attive all’estero è passato da 3 miliardi a quasi 15 miliardi di euro, con una crescita media annua del 9,3%, a differenza di un mercato domestico, dove le imprese hanno visto ridurre il proprio giro di affari del 3,3% ogni anno.

Le nostre imprese di costruzioni viaggiano a gonfie vele nei mercati maggiormente competitivi in Europa e nel mondo, mentre nel nostro Paese le cose vanno in maniera diversa. Un mercato italiano bloccato da una macchina burocratica e amministrativa lunghissima, farraginosa e asfissiante. Ecco perché è necessario intervenire in tempi rapidi nella rivisitazione del nostro codice degli appalti con norme semplici, chiare, semplificate per dare una spinta alle nostra economia e al nostro Paese che deve ritornare ad essere competitivo, produttivo, innovativo e dinamico.

Di fronte a una recessione tecnica in atto, il Governo penta-leghista non sembra vedere il pericolo di un’ulteriore peggioramento della situazione economico-sociale del nostro amato Paese. Una cosa è certa: i penta-leghisti ci stanno spingendo verso la “decrescita felice” e l’immobilismo. Povera Italia.

Donato Bonanni

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